Astro-Curiosità

IL PERSONAGGIO DEI PESCI: DONATELLA MORELLI (“LA PAZZA GIOIA”, 2016)


Ultimo segno dello Zodiaco, i Pesci esprimono la “summa” di tutti gli insegnamenti precedenti, e allo stesso tempo premessa (astro)logica di un nuovo ciclo che sta per iniziare. È l’alba di qualcosa di nuovo, il caos creativo prima del big bang. Forse per questo sono eclettici, geniali, difficili da inquadrare. Probabilmente perché non appartengono interamente a questo mondo, vivendo in un ambiente (l’Acqua, elemento delle emozioni) dove tutto è più fluido, dove ogni percezione è amplificata. Tant’è che spesso assorbono sensazioni e stati d’animo di chi hanno attorno, senza filtri o protezioni. Fuori dal loro elemento, in una vita troppo piena di regole e paletti, monotona e ripetitiva… si sentono soffocare. Come pesci fuor d’acqua, per l’appunto. Nuotano in una logica tutto loro, dove a governare sono le intuizioni e le sensazioni. Dove la comunicazione è fatta anche di musica, ritmo, colore: pennellate che inevitabilmente sfuggono a un alfabeto fatto solo di parole. Non sorprende quindi che, agli occhi della “gente di terra” queste creature marine possano apparire “folli”, incoerenti, sganciate da una logica puramente newtoniana dove tutto è azione e reazione. Cercando un personaggio in grado di esprimere questo variopinto mondo interiore, mi è venuta in mente Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti), protagonista insieme a Valeria Bruni Tedeschi de “La pazza gioia” di Paolo Virzì. Vuoi per lo spirito ribelle, per quel desiderio di fuga che attraversa tutto il film. Vuoi per il fatto che la sua “follia” è l’unico modo per fuggire alla ferita di un’incomprensione sociale vissuta su una pelle “non schermata”, segnata da tatuaggi e cicatrici. Nel corso del film scopriamo infatti che i servizi sociali, ritenendola inadatta alla maternità, le hanno portato via il figlio. Una lacerazione che, strappato l’abito delle reazioni “socialmente accettabili”, non può che condurre là, in un centro di riabilitazione mentale. In quest’ottica, la sua fuga, il suo darsi alla pazza gioia insieme a Beatrice contiene un incoercibile “no” a quel mondo arido. Esprime un tentativo di fare ritorno alle acque dei sentimenti e dei rapporti affettivi (con suo figlio, in primis) senza i quali tutto perde senso. E caso vuole (ma sarà davvero una coincidenza?) che alla fine del film Donatella incontri suo figlio… al mare. Fanno il bagno insieme, in quella che suona come una promessa di ritrovarsi, un giorno. Anche a costo di “curarsi”, di rientrare nei ranghi, di tornare coi piedi per terra. In nome dell’amore, si può fare.

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