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IL REGISTA DEL SAGITTARIO: SERGIO RUBINI


Il Sagittario chiude il cerchio dei segni di Fuoco, elemento che esprime energia, vitalità, entusiasmo e passione. Ciò che ha avuto origine con l’Ariete (il Fuoco che accende), per poi divampare con il Leone (il Fuoco che scalda), trova qua la sua espressione più elevata: il Fuoco che illumina. È la lama di luce del faro che squarcia le tenebre dell’ignoranza e raggiunge orizzonti più lontani. Del resto, il Sagittario è un centauro che scocca la freccia verso l’alto, nel tentativo di accorciare la distanza tra cielo e terra. La freccia, a pensarci bene, permise all’uomo nella notte dei tempi di colpire oltre la stretta portata del proprio braccio. E la vocazione del segno è proprio quella: andare oltre e giungere dove nessuno è mai arrivato prima. Oltre i confini del mondo conosciuto, dove si trova ciò che ancora aspetta di essere scoperto. Oltre i limiti della quotidianità, a volte opprimente, dove vivono l’ottimismo e il senso del possibile. Oltre la materia, dove si respirano un senso e uno scopo più profondi. Oltre il singolo fenomeno per comprendere il principio che lo determina. Al Sagittario infatti non interessano i dettagli, quanto piuttosto la visione d’insieme. Quella «big picture» in cui scienza e spiritualità trovano un terreno comune, essendo entrambi aspetti di una stessa «metafisica dell’oltre». Tematiche che attraversano il cinema di Sergio Rubini, il regista che ho scelto in rappresentanza del Sagittario. Certo, se fosse nato oltreoceano come il suo collega di segno Steven Spielberg, avrebbe avuto maggiori occasioni per esplorare questa vocazione allo spazio, alla fantascienza e al “lontano”. Ma anche il cinema di Rubini, nei limiti dei “generi” trattati dalla nostra cinematografia, è pervaso da venature metafisiche che fanno pensare proprio alla spiritualità del Sagittario. Penso agli incantesimi de “L’anima gemella” ma anche ai personaggi-totem de “Il grande spirito” (già il titolo, di per sé, è un manifesto sagittariano). Un “realismo magico” che, a ben vedere, rappresenta alla perfezione la natura binaria del centauro: per metà cavallo – concreto, ancorato al suolo – e per metà arciere con la freccia puntata al cielo. Centauro che nel movimento e nell’esplorazione trova la propria dimensione ideale. E nel viaggio, l’espressione massima della crescita e del cambiamento (come ne “Il viaggio della sposa”). Perché il Sagittario ha un carattere accomodante, arriva a dire di sé «dove mi metti, sto», ma la verità è che fermo non ci sa stare. 

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