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IL REGISTA DELL’ARIETE: CARLO LIZZANI


Partiamo naturalmente dall’Ariete, il primo segno dello Zodiaco, l’apripista della primavera. Attivo, intraprendente e dinamico proprio come quel primo germoglio che rompe la stasi invernale e rimette in moto la natura. L’Ariete è il pioniere, l’innocente, il guerriero. Innocente come lo sono i bambini: incuranti delle conseguenze, immuni dal timore del fallimento. Guardano solo avanti. Del resto, se quel primo germoglio stesse lì a pensarci e ripensarci, chiedendosi se è il momento giusto per spuntare, l’inverno durerebbe tutto l’anno. Qualsiasi impresa passa per l’angolo cieco di un piccolo azzardo, e l’Ariete esprime proprio la spinta necessaria a superare quel gradino. Così come esprime lo spirito guerriero necessario a prendere di petto la vita. E’ competitivo, senz’altro, ma prima ancora ha bisogno di abbracciare una battaglia e combattere per portarla avanti. Non è la mischia che lo spaventa, ma la sensazione di vuoto di quando non hai una causa per la quale batterti.

Per queste ragioni come rappresentante dell’Ariete ho scelto Carlo Lizzani. Non solo per le tematiche della sua filmografia, ma anche per la sua natura garbatamente intrepida e per l’impegno profuso nelle più importanti cause civili e politiche del suo tempo. Partigiano della Resistenza romana, esordisce nel cinema come sceneggiatore abbracciando il Neorealismo. Del resto, il racconto del desiderio di cominciare una nuova vita di un Paese che si lascia alle spalle un passato di guerre contiene in sé quell’impulso impaziente di (ri)nascita che è proprio dell’Ariete. Nello stesso filone si inserisce anche il suo film di esordio alla regia “Achtung! Banditi!” (1951), la cui “genesi” ci racconta molto su Lizzani.

Il film venne infatti realizzato grazie ad una sottoscrizione di azioni da 500 lire: una forma “cooperativa” di produzione necessaria, secondo lo stesso Lizzani, a «finanziare film coraggiosi che l’industria privata non si sentiva di produrre (…), a rompere il cerchio di una consuetudine umiliante per il cinema italiano, dare un esempio, lanciare un’iniziativa» (da “Quaderni delle Olimpiadi” n. 3, agosto 1951). E questo sembra davvero un “manifesto” dell’Ariete: apripista, sperimentatore, pioniere, coraggioso e soprattutto indipendente. Perché se c’è qualcosa che proprio non riesce a fare è attendere i tempi degli altri. Chiedere il permesso, aspettare un semaforo verde legato a logiche che sfuggono al suo controllo. E, ancor prima, stare fermo. “Ago ergo sum”, dice l’Ariete, perché il movimento è vita. La stasi, la sua negazione. 

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